Paolo Bonolis, il figlio deve davvero nascondere chi è suo padre?
Articolo a cura di Asia
E’ una donna elegante, Sonia Bruganelli, bellissima, laureata in Scienze della comunicazione, gestisce una società di produzione televisiva specializzata nell’organizzazione e gestione di casting televisivi ed è l’amatissima moglie di Paolo Bonolis.
La donna di recente è stata accusata per aver mostrato i propri “lussi” sui social: nello specifico ha postato la foto su un aereo privato per andare in vacanza e durante un’intervista rilasciata al Corriere della sera ha raccontato:
“Tutti hanno piacere a mostrare le cose belle. Sono sicura che sui profili social di chi mi ha attaccato troverei foto in cui a loro volta ostentano qualcosa: una borsa, un paio di scarpe, una cena al ristorante. Ho il privilegio di fare una vita più comoda e la mia vita è anche questa. Se facessi vedere solo che cucino o vado a far la spesa sarei molto più falsa.”
La Bruganelli ha raccontato anche di quando ha conosciuto Paolo nel lontano 1997, delle insicurezze iniziali e della sua eccessiva gelosia.
“Lavoravo a ‘Tira e molla‘, facevo le telepromozioni, abbiamo iniziato a frequentarci. Lo chiamavo anche otto volte in mezzora. Lui all’inizio manteneva la sua vita da single, andava in vacanza con gli amici, diceva di amarmi ma all’epoca ero insicura. Poi si cresce, il rapporto si consolida e stabilizza, le paure sfumano, vengono i figli e si è meno concentrati su se stessi, meno egoisti.”
Gli aspetti positivi di chiamarsi Bonolis?
“Il vantaggio è stato aver incontrato una persona che lavorava nel settore in cui volevo lavorare. All’epoca mentre studiavo facevo fotoromanzi e pubblicità per mantenermi. L’incontro con Paolo mi ha dato l’opportunità di trovare la mia strada.”
Ma innegabilmente ci sono anche degli aspetti negativi di portare addosso un cognome così conosciuto:
“Ora non ce ne sono più. Li ho metabolizzati: prima stavo male a essere considerata “la moglie di”. Oggi so chi sono, quello che valgo e anche quello che sbaglio. Piuttosto gli aspetti negativi li vedo su nostro figlio Davide, che ha 13 anni. Arriva prima il cognome di lui e a calcio è l’unico che non ce l’ha scritto sulla maglietta. Alle partite si fa accompagnare dal nonno, così nessuno lo guarda per il padre, ma per come gioca a pallone.”
Vi aspettavate che un cognome importante come quello di Paolo potesse avere anche un risvolto negativo? Voi come vi comportereste in quel caso? Lo vedreste come un problema?