Ex corteggiatrice ed ex gieffina si sfoga sui social: licenziata a causa della sua scelta di essere madre!

Nel 2023 si può ancora leggere di una donna licenziata per aver scelto di essere madre?

Nelle scorse ore l’ex gieffina Sarah Nile si è sfogata sul suo profilo Instagram in quanto è stata licenziata a cinque mesi dal parto.

Sarah ha si è fatta conoscere al grande pubblico grazie al ruolo di corteggiatrice a Uomini e Donne, alla corte di Giorgio Alfieri e poi per la  partecipazione al Grande Fratello.

Nel reality si legò particolarmente a Veronica Ciardi e la loro partecipazione è ricordata soprattutto per un bacio che si scambiarono durante una festa.

Sarah a distanza di qualche anno dalla partecipazione nel reality si è sposata ed ha avuto due figli attraverso la procreazione assistita, cinque mesi fa ha partorito la sua seconda figlia e dopo la maternità è stata licenziata.

Sarah si è sentita di raccontare quanto le è successo sui social:

“È giusto essere obbligate a scegliere tra l’essere madre o la carriera?!? Credevo che una cosa del genere potesse accadere solo in un Paese dove la donna ha zero diritti, in un ambiente di lavoro dove non esiste tutela, dove il compromesso è la regola. Ho letto storie di giovani donne dove al colloquio aveva rilevanza sapere se volessero figli, un matrimonio o se già c’era tutto questo, quasi come fosse una nota stonata su di un curriculum impeccabile.
Leggevo e credevo che tutto ciò non potesse riguardarmi. Troppo lontano dalla realtà, inconcepibile, surreale appunto.”

“Ed è così che negli anni ho avuto la fortuna di lavorare in un contesto a me affine, di lavorare bene e con tanta passione. Di sperimentare la massima di “fai ciò che ami e non lavorerai mai un giorno” perché si, sono passati 7 anni e ho amato tutto ciò che ho fatto ogni singolo minuto fino al 07/09/2023. Giorno in cui una lettera di licenziamento, in tronco e senza preavviso, ha fatto scoppiare la bolla mentale che mi ero costruita. In tronco e con un generico “problemi economici” o almeno così dovrebbe sembrare perché ci sono cose che non tornano.”

Non mi torna perché prima di me è stata licenziata un’altra collega che aveva appena partorito. Non mi torna perché a pochi giorni dalla raccomandata del 7 settembre anche un’altra collega è stata licenziata al terzo mese di gravidanza. E non mi torna soprattutto perché ho ricevuto la comunicazione di licenziamento a soli cinque mesi dalla nascita della mia splendida Evah. A pochi giorni dal rientro dalle ferie, e beffa del destino, mentre ero in ospedale aspettando che il mio Noah si risvegliasse da una delicata operazione.”

Una notizia inaspettata e dolorosa

“Il lavoro che amo l’ho anteposto a tante cose, in primis a me stessa, alla gioia di vivermi un momento spensierato, a quel nono mese di gravidanza lavorato per interno e fino a due giorni dal parto, a una gravidanza lottata e sofferta, allo sconforto sempre nascosto col sorriso, perché c’erano i pazienti. Nonostante la testa pesante, il cuore a volte troppo carico di emozioni per tutto il mio percorso con (procreazione la PMA, medicalmente assistita). Sempre sospesa tra riuscire a coronare il sogno di un figlio e il fallimento, accanto al lavoro c’erano notti insonne, medicine, ormoni, visite, test di gravidanza, pick-up, impianti, terapie e stimolazioni senza perdermi nello sconforto, e tutto questo per dare il meglio di me. Per continuare a sperare in un futuro radioso fatto di soddisfazioni professionali lavorative, e soprattutto personali.”

“I pazienti non erano numeri, per me erano un po’ la mia seconda famiglia che seguivo con dedizione, professionalità e soprattutto umanità. Eppure, non è stato abbastanza. La mia dedizione si è scontrata con regole arcaiche dove la donna, madre e lavoratrice è un ossimoro, qualcosa che non può coesistere. E così come ho mascherato lo sconforto della lunga lotta con la PMA, ho dovuto nascondere il buon esito della gravidanza. Notizia che non ho sentito di poterla annunciare come e quando avrei voluto.”

“Non sono qui a puntare il dito contro nessuno e cercare ragioni dove in questo momento non esistono. Per quello ci sono luoghi preposti, aule di giustizia che sapranno scavare a fondo. Tutto questo lo devo per coscienza morale, per quella mia seconda famiglia a cui ho dato tutto. I pazienti che ho seguito, che ho supportato nei momenti critici, che ho accompagnato in un viaggio fatto di desideri, speranze e timori. Tutte le persone che ho tenuto per mano, anche a distanza, ma per le quali c’ero e ci sarò. Avrei voluto scrivervi uno ad uno, ma successivamente alla lettera di licenziamento mi è stata sottratta la Sim aziendale, intimandomi di interrompere ogni tipo di contatto. Schemi aziendali che non tengono conto dell’utenza e del pubblico a cui ci si rivolge, nonostante le soddisfazioni e il ritorno che si riceve sia immenso.”

Sarah ha dei dubbi su quelli che potrebbero essere i reali motivi alla base del suo licenziamento, soprattutto se collegati alle comuni esperienze vissute da alcune sue colleghe.

Voi cosa ne  pensate?

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